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Quale era il vostro sogno dopo le scuole superiori? Quali erano le vostre speranze per il futuro? Dove siete stati in viaggio di maturità?
Io ricordo quei giorni pieni di speranza ed eccitazione. Una fase importante della mia vita si era appena conclusa e un’altra ancora più fondamentale si stava per aprire.
Anche Emma, David, Alex, Cameron, Sarah e Jaclyn, studenti alla Marjory Stoneman Douglas di Parkland (Florida) a inizio 2018 - per la maggior parte di loro l’ultimo anno di scuola superiore - sono certa provassero gli stessi sentimenti.
Poi la mattina del 14 febbraio, in soli sei minuti, tutto è cambiato. Nikolas Cruz - ex studente della scuola - è entrato nel campus con diverse armi da fuoco e ha tolto la vita a 17 persone, ferendone altrettante.
Nello stesso momento che queste vite venivano portate via, Cruz - come tanti prima di lui - ha portato via qualcos’altro a questi studenti: l’innocenza, la spensieratezza, la certezza di essere al sicuro nel proprio complesso scolastico.
Cruz non è stato il primo, e non sarà nemmeno l’ultimo negli Stati Uniti.
Eppure la sparatoria di Parkland ha avuto un risvolto che le sparatorie di massa accadute fino a quel momento non avevano mai avuto: ha trasformato un gruppo di sopravvissuti alla strage in un movimento di azione.
Emma, David, Alex, Cameron, Sarah e Jaclyn nemmeno una settimana dopo l’accaduto hanno infatti deciso che la loro non sarebbe stata l’ennesima sparatoria di massa a finire sui telegiornali nazionali per una settimana e scomparire nel nulla, e hanno fondato il movimento: “Mai più” (Never Again), per iniziare a parlare seriamente di accesso alle armi, controlli più ferrei per chi le acquista, problemi mentali e NRA (National Rifle Assotiation).
Questi ragazzi hanno deciso di essere loro stessi il cambiamento, iniziando a parlare, twittare, scrivere. Senza più fermarsi.
Io ho visto David e sua sorella a New York il mese scorso alla presentazione del libro “Never Again”, un pamphlet-manifesto, e ne ho scritto sul Corriere della Sera, qui.
In Italia di loro si è parlato poco. O meglio, se ne è parlato subito dopo la sparatoria e durante la grande marcia che hanno organizzato il 24 marzo scorso a Washington D.C. Nulla di più. Eppure c’è ancora tanto da raccontare. Per esempio il loro ultimo progetto: Road To Change. Un’iniziativa che a partire da giugno scorso li sta portando in giro per l’America, città per città, comunità per comunità a parlare di armi e con l’obiettivo finale di portare più giovani possibili a votare nelle prossime elezioni di metà mandato (a novembre 2018) che cambieranno o lasceranno invariato il Senato e il Congresso degli Stati Uniti.
C’è tanto da dire su questi ragazzi: tweet da leggere, progetti secondari da scoprire e soprattutto tanto da imparare.
Per questo motivo ho deciso di iniziare a seguirli partendo dall'ultimo tratto di strada del progetto Road To Change, a partire dal 4 agosto a Fairfax in Virginia (sede del quartier generale dell'NRA) dove marceranno di nuovo contro la lobby delle armi.
Li seguirò poi a Washington D.C, New York e Newtown a metà agosto (dove morirono in un'altra sparatoria 26 persone, per la maggioranza bambini tra i 6 e i 7 anni) - dove concluderanno la parte estiva del tour. Io invece continuerò a stargli dietro fino alle elezioni di novembre.
Io li voglio incontrare, conoscere e raccontare le loro storie. Anche perché ad ogni tappa il movimento incontra altri sopravvisuti, altre associazioni come "Moms Demand Action for Gun Sense in America" e "Everytown for Gun Safety" istituita da Michael Bloomberg e tante altre che non hanno purtroppo la stessa risonanza mediatica.
Occasioni uniche per raccontare ancora più approfonditamente il difficile e controverso rapporto degli americani con le armi.
L’obiettivo è quello di fare del buon giornalismo e allo stesso momento imparare dalle loro storie e ispirare magari altri giovani (italiani) ad avere il coraggio di combattere per quello in cui si crede!
https://www.youtube.com/watch?v=lZZ0gYYd8fU
Il giornalismo, come è noto, è un lavoro bellissimo ma difficile e se fatto bene prevede delle spese non indifferenti.
In Italia siamo pieni, pienissimi, di bravi giornalisti che purtroppo non riescono a fare come dovrebbero il loro lavoro per mancanza di fondi. Di investimenti. Di occasioni. E sempre più spesso il crowdfunding risulta il modo più semplice e veloce per creare e pubblicizzare un progetto giornalistico di qualità.
Ho deciso quindi di provarci anche io!
Se da una parte userò i miei fondi personali dall'altra chiedo il vostro sostegno per coprire più eventi possibili, fare un lavoro accurato e sul campo - che spero possa trasformarsi in un progetto editoriale e/o multimediale più completo da offrirvi dopo le elezioni di novembre - e portarvi in America con me!!
Qualsiasi somma, anche la più piccola mi aiuterà con spostamenti, alloggi, cibo e attrezzature digitali.
Vi racconterò ROAD TO CHANGE sul mio profilo Istagram con video, interviste e dirette. Racconterò (per ora) più approfonditamente del tour sul mio blog personale emagnanelli.com e sulla pagina FB del progetto.
Perché come dice la grande Christiane Amanpour:
Quindi grazie già da ora se sceglierete di sostenere una storia che sento sia davvero necessaria raccontare. E permettere a una persona che vorrebbe vivere di giornalismo, di fare giornalismo.
30 anni. Fiorentina. Sono giornalista pubblicista dal 2013 e potete leggere i miei articoli su Repubblica Firenze - dove ho svolto un tirocinio nel 2015 a contatto con giornalisti che in tre mesi mi hanno insegnato più della professione che in cinque anni di Università - il Corriere della Sera online, Ubitennis (per cui ho seguito gli US Open del 2017), Casentino Più, e il mio sito personale.
Da sempre appassionata d’America, faccio avanti e indietro dall’Italia da inzio 2017 cercando di capire questo strano e bellissimo paese.
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