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L'origine della Specie - un documentario su Mario Rossi

Una campagna di
Alberto Redighieri

Contatti

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L'origine della Specie - un documentario su Mario Rossi

Campagna terminata
  • Raccolti € 260,00
  • Sostenitori 5
  • Scadenza Terminato
  • Modalità Raccogli tutto  
  • Categoria Documentari & inchieste

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Alberto Redighieri

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Il Progetto


L'ORIGINE DELLA SPECIE

di
Alberto Redighieri


CONTESTO


Mario lavora come tassidermista al museo di Storia Naturale “Faraggiana Ferrandi” di Novara. Il suo presente è principalmente dedicato a portare avanti il suo lavoro attraverso la Gipeto Onlus, una cooperativa sociale da lui creata appena uscito dal carcere nel 2002. Mario passa l'infanzia a Genova nella Val Bisagno, in Piazzale Adriatico, un quartiere operaio sorto per i profughi istriani grazie all'allora sindaco Adamoli. La famiglia di Mario ha la fortuna di vedersi assegnata una della case popolari del piazzale dopo che la loro casa rifugio vicino al quartiere Marassi è andata distrutta in un bombardamento. La sua è una famiglia operaia e antifascista e da bambino si trova immerso nel clima della Genova partigiana. Lungo il torrente Bisagno (era frequente che all'epoca i ragazzini giocassero sulle rive del torrente asciutto) Mario scopre la passione per la natura grazie alla grande quantità di fauna e flora che il letto del fiume regalava (topi, scorpioni, rane, rospi, lucertole, ramarri, pesci ma anche residuati bellici), collezionando ogni tipo di animaletto e classificandolo secondo le specie. Mario entra come volontario nel museo di Storia Natuale di Genova; lì impara, sotto la guida del tassidermista Anselmo Rossi, il mestiere che tutt'oggi pratica. Nel frattempo comincia ad interessarsi di politica e si iscrive alla FGCI (Federazione Giovani Comunisti Italiani) manifestando un interesse che cresce in parallelo a quello della tassidermia. Si trasferisce a Milano dunque dove viene assunto al museo di Storia Naturale come aiuto tassidemista. E' a Milano che negli anni '60 viene sempre più ad interessarsi alla questione di “un eventuale colpo di stato” da parte dell'esercito. Decide di lavorare allora a stretto contatto con gli operai e perciò decide di trasferirsi alcuni anni dopo ad Ivrea per lavorare alla Chatillion con la speranza di trovare compagni per organizzare dei gruppi di resistenza. Ma questa esperienza fallisce presto e torna nella sua Genova in piazzale Adriatico (la data del biglietto che ritrovano gli inquirenti nella tasca della giacca di Mario è 22 ottobre 1969 quella che dà il nome alla banda di cui Mario fu leader a Genova) e ritrova i suoi vecchi amici scoprendo l'identica volontà politica che aveva mancato a Milano e ad Ivrea. Il 26 marzo 1971, è il giorno in cui il cosiddetto gruppo XXII Ottobre (oltre a Mario quel giorno c'erano Augusto “Tino” Viel e Giuseppe “Beppe” Battaglia e un complice ad aspettarli con la Lambretta, Adolfo Sanguineti, che all'ultimo decide di abbandonare la Lambretta ancora accesa) uccide Alessandro Floris, un portaborse dell'Istituto Case Popolari di Genova, lo stesso in cui Battaglia lavorava come fattorino, e che era di ritorno dalla banca con una valigetta piena di contanti. Ma Floris ritarda e Mario e Tino, nascosti dietro il portone di ingresso della sede dello Iacp, si spazientiscono. Appena Floris arriva Mario riesce a strappargli la valigetta e corre sulla scalinata (ora intitolata a Floris) che porta a Via Banderali, dove era posizionata la Lambretta. La scena del crimine fu drammaticamente fotografata da Ilio Galletta che, sentendo gli spari in strada, si affacciò dalla finestra e scattò una sequenza di foto diventate il simbolo di quegli anni.

Mario e Tino fuggono rocambolescamente sulla Lambretta e giungono fino a Piazza de Ferrari dove Mario si lancia giù dalla moto ancora con la valigetta di soldi in mano. Mario viene catturato subito ma Tino riesce a scappare nella casa rifugio poco distante e per alcuni anni grazie al contatto con “Osvaldo” Feltrinelli riesce a vivere nascosto. Mario visse i suoi successivi 31 anni nelle carceri (Asinara, Porto Azzurro, Novara) uscendo in semi libertà solo negli anni '90 e definitivamente nel 2002. Il suo passato è radicato nella storia italiana recente in quanto l'omicidio di Floris nel '71 fu il vero inizio del periodo brigatista in Italia, tant'è che durante i due più famosi sequestri che le BR fecero ai danni di esponenti dello stato, Sossi e Moro, nelle lettere che i rapitori scrivevano per il rilascio di questi ultimi si richiedeva la liberazione di Mario e degli altri esponenti del gruppo XXII ottobre.

SINOSSI

Mario lavora come tassidermista a Novara. Il suo lavoro, ormai in via di estinzione, è fatto non solo di una grande conoscenza del mondo animale, ma anche dell'anatomia di ognuno di loro. Sul letto del fiume di Novara, il Terdoppio, la vita scorre lentamente e gli animali che popolano questo fiume Mario li conosce bene. Ce ne parla mentre passeggia caldamente lungo il sentiero del fiume, poco fuori il centro di Novara, dove lui i suoi figli e sua moglie hanno abitato lì fino a qualche anno prima, prima che Mario trovasse una nuova compagna. Il cascinale che apparteneva a Mario è ormai un rudere, uno di quei classici ruderi vicino a fiumi o torrenti abbandonati e resi inagibili dal tempo e dal vandalismo. Entriamo con lui che ci spiega con nostalgia i suoi anni trascorsi lì con sua moglie e i suoi figli. I suoi passi sono lenti e più volte si gira a guardare il letto del fiume e ci indica gli animali presenti lungo il corso d'acqua. “Qui potevano riqualificare tutto; sai, potevano dare del lavoro ai carcerati per rimettere a poste le rive, e invece nulla, ogni tanto me ne occupavo io”. Ci porta nei suoi luoghi della memoria durante gli ultimi venticinque anni di vita a Novara. Oltre alla cascina entriamo nel suo luogo di lavoro in semilibertà, il mattatoio di Novara. Nel museo lo vediamo preparare una gallinella d'acqua, un animale che aveva nel congelatore dal 2011 e lo vediamo mentre ci spiega tutto il procedimento: dall'eviscerazione dell'animale, dai processi di mantenimento della pelle, fino alla “nuova vita” come animale impagliato, il tutto intervallato dai discorsi alla memoria del carcere e di come questo lavoro lo avesse mantenuto vivo mentre era nelle celle di isolamento.


Mario ha allestito in questi anni centinaia di animali che sono ora esposti nel museo e ci inoltra nella spiegazione di ogni dettaglio del museo, come un Virgilio. Lo seguiamo, oltre che nel laboratorio e nell'esposizione, anche nel magazzino dove sono conservati gli esemplari che non hanno trovato posto in questi anni ma che Mario prima o poi vuole assolutamente esporre. Qui troviamo una pelle di tigre, un giaguaro, un rinoceronte (che tiene nascosto per la probabilità di furti per il prezioso corno) e molti altri animali riposti in scaffali e coperti con del cellophane che ogni tanto Mario pulisce e disinfetta per non farli deperire.



Il telefono di Mario squilla; la suoneria è riconoscibile subito, è l'Internazionale Comunista. Un suo collaboratore ha trovato un animale morto sul ciglio della strada. Lo seguiamo nella sua macchina tra le risaie di Novara. Anche qui i discorsi si intervallano tra argomenti sugli animali e sulla politica di allora e di oggi. A destinazione, sul ciglio della strada, in mezzo al nulla, troviamo l'animale che il suo collaboratore aveva notato: è una puzzola. Mario la prende e la maneggia con cura, dice “penso che sia qui da due giorni” e la riporta al museo dove la incarta per poi metterla nel freezer. 

A Genova percorriamo con lui i luoghi della sua infanzia, da piazzale Adriatico e il museo di Storia Naturale fino alle colline della val Bisagno dove lui e i compagni si allacciavano alle reti televisive per mandare in onda radio GAP. Ci soffermiamo su alcune porte di Piazzale Adriatico, quello dove lui ha vissuto e ci indica la finestra di casa sua. Tutto è ancora come allora ci dice. Lungo il Bisagno Mario passeggia con lentezza e guarda ancora una volta il letto del fiume, quello da cui è partito, da cui la vita riemerge e ha fatto innamorare un bambino genovese alla fine della seconda guerra mondiale. Su quel pezzo di strada in cui Mario ha sparato ad Alessandro Floris, via Banderali, ci sono motorini parcheggiati e le macchine che sfrecciano in quella via a senso unico con in sottofondo i rumori intermittenti della città.



Ritornati a Novara Mario si lascia andare ad un flusso di coscienza e ripercorre le sensazioni del carcere, dei 31 anni interminabili, di come non sopportasse l'odore della benzina appena uscito, di come si sentisse a camminare per la strada consapevole di non essere riconosciuto e di quella volta che si fece affittare una stanzetta che assomigliasse alla cella del suo carcere “assolutamente con le grate la volevo!” e del rapporto di allora e di oggi con i secondini: “molti mi salutano ancora dal ciglio della strada, vorrebbero prendere un caffè insieme a me e se sono in macchina con qualcuno devo spiegare che quello lì era una guardia, quello che insomma… ci custodiva.A volte qualcuno di loro mi ha detto che quando c'eravamo noi eravamo tutti una grande famiglia!"

MOTIVAZIONI

Questo soggetto è nato quando mi sono chiesto chi fosse un Mario Rossi in Italia, cosa facesse e come vivesse. In quei giorni ero venuto a conoscenza di un documentario tedesco che si chiama Wer ist Thomas Muller? di Christian Heynen che indaga chi è e come vive chi ha il nome più comune in Germania e mi sono detto che sarebbe stato interessante fare la stessa cosa in Italia. Sul web mi è subito saltato all'occhio un articolo scritto da Donatella Alfonso sull'inserto de La Repubblica di Genova, che raccontava di Mario Rossi. Credo che la sua storia da sola possa racchiudere un significato molto più complesso di identità e memoria. Innanzitutto perché la storia di Mario è intrecciata alla memoria collettiva della storia italiana recente, in quanto è stato uno dei protagonisti degli anni di piombo, incastrato senza possibilità di alibi da una sequenza di foto scattate da un balcone durante l'uccisione di Floris, il che riconduce perfettamente al concetto di “immaginario collettivo”. Ho pensato che quindi raccontasse in modo più universale ma allo stesso tempo più particolare, gli avvenimenti accaduti allora. Parallelamente il suo nome, il più comune, è di ad una persona con una delle storie più singolari che posso immaginare. Non solo per la questione politica ma anche per il fatto che Mario conserva una passione per la tassidermia che si porta dai tempi in cui era ragazzino e che da allora non ha mai abbandonato. Una passione che è legata al senso stesso di vita, di morte e di immagine. Mario nei nostri incontri si è reso molto disponibile a raccontarci di lui, ad aprirsi e la cosa che ci ha colpito è la naturalezza con cui parla del suo passato in carcere e di quegli anni. Il progetto non vuole giudicare la sua vita, semplicemente narrarla e lasciare in sospeso ogni aspetto legato ad una visione politica e sociale.



STATO DEL PROGETTO

Abbiamo filmato tutto il materiale nel giro di un anno e mezzo e siamo dunque in fase di montaggio. Il materiale raccolto ci permette di fare, in previsione, un mediometraggio di circa 40 minuti. 


STILE DI REGIA

Il film è in stile cinema verité con diverse incursioni vocali da parte del regista durante le riprese. La maggior parte delle riprese sono a camera a mano tranne quelle fatte per la tassidermia della gallinella d'acqua e le riprese ambientali su Novara e Genova.
Mario è stato un soggetto semplice da gestire in fase di shooting in quanto si è prestato immediatamente all'attenzione della camera e in qualche modo ha condizionato l'andamento stilistico durante le riprese e allo stesso tempo ne ha indirizzato l'aspetto registico.

A COSA CI SERVE IL BUDGET?

Per:

-diritti sull'acquisto delle musiche e/o composizioni originali 
-post produzione audio
-post produzione video
-grafica
-promozione 
-distribuzione


PERCHE' CREDERE NEL PROGETTO?

Il progetto rivaluta in chiave umana e senza storicismo una delle figure più importanti della lotta armata in Italia. La delicatezza dell'argomento ci porta ad avere il pieno rispetto di tutto ciò che è accaduto e di far rivivere e vedere uno dei protagonisti più importanti di quegli anni. Di vedere anzitutto il film su due livelli: 
- Il lavoro artigianale della tassidermia: lavoro che sta cadendo in disuso a causa della sempre meno richiesta e che rischia di far cadere presto una delle professioni che ridanno "vita" a specie rare di animali e conservarne la morfologia. Questo film può essere visto con un aspetto didattico sul lavoro della tassidermia. 
- L'aspetto umano: nonostante si parli poco o si parli tanto degli anni di piombo non si dà mai una visione umana e psicologica di chi quegli anni li ha fatti nascere. La consapevolezza, dopo 31 anni passati in carcere, fa parte ora dell'essere stesso di Mario, e perciò crediamo sia giusto dare dignità all'aspetto sensibile della sua storia.

CHI SIAMO

Alberto Redighieri (Desenzano del Garda, 11 agosto 1989) si è laureato a La Sapienza di Roma in Scienze umanistiche delle arti e scienze dello spettacolo e all'università Cattolica di Milano in Comunicazione per l'Impresa. Nel 2015 si diploma al corso serale di cinema documentario alle scuole civiche di cinema di Milano realizzando il film saggio L'Immobile, che viene selezionato al FaitoDocFestival. Ha lavorato come filmmaker per l'Unione Europea con il progetto YEAD e il progetto Victims&Corporations e come regista per il programma di approfondimento culturale sui giovani “Fattore Giovani” in onda su TelePace. Ha lavorato come filmmaker e montatore presso l'Università Cattolica di Milano.

mail: alberto.redighieri@gmail.com

cell: 3477558248

Alberto Danelli (Milano, 29 settembre 1992) ha frequentato la Scuola Civica di Cinema Luchino Visconti a Milano per tre anni, diplomandosi in luglio 2015. Ha frequentato il corso Multimedia, che afronta tutte le fasi della produzione audiovisiva con una attenzione alla progettazione web, alle installazioni e alla videoarte. Parallelamente alla Scuola e nei mesi successivi ha fatto alcune esperienze lavorative tra cui: la collaborazione con il collettivo di poesia, Tempi diversi, la produzione di video per eventi sportivi presso l’associazione Cun asd, la collaborazione, con Filippo Romano, fotografo milanese di architettura e reportage. Da Marzo 2016 collabora con Studio Azzurro Produzioni srl, laboratorio di ricerca artistica multimediale dal 1982, occupandosi di riprese e montaggio video.

Mail: alberto.danelli@gmail.com

cell: 3204219792

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