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Il 29 gennaio 1938 è un sabato. Nella cittadina di Colleferro (a pochi chilometri da Roma) tira un vento gelido. Alle 7.40 del mattino l’aria è solcata da una fortissima esplosione. Il vento sembra fermarsi di colpo. Il pensiero di tutti corre verso lo stabilimento Bombrini Parodi Delfino. Una fabbrica di esplosivi. Dove si lavora, soprattutto, il tritolo.
Alle ore 9 dall’ufficio telegrafico della stazione di Segni Scalo parte la prima comunicazione diretta a varie autorità politiche e militari di Roma: “LO STABILIMENTO ESPLOSIVI È SCOPPIATO. VI SONO OLTRE 1000 FERITI. VI SONO MORTI IMPRECISATI PERCHÈ SUL LUOGO DEL DISASTRO NON SI PUÒ ANCORA ACCEDERE PERCHÈ VI SONO ANCORA INCENDI CHE POTREBBERO PRODURRE ALTRI SCOPPI”.
Da questo momento - e per l’intera giornata – la Presidenza del Consiglio viene informata di ora in ora sul ritrovamento di cadaveri e feriti, e sulla situazione di emergenza che si è venuta a creare a Colleferro.
Il 29 gennaio 1938 è un giorno importante per la famiglia Mussolini: la nipote del Duce, Rosa Mussolini – figlia di Arnaldo – si sposa con il giornalista Vanni Teodorani nella Chiesa di San Giuseppe, in via Nomentana, a Roma. Al matrimonio – come testimoniano le fotografie dell’epoca – partecipa anche il Duce, che alle 11 del mattino esce in auto da Villa Torlonia per recarsi alla cerimonia. Alle 12 poi gli sposi – e lo stesso Duce – vanno in visita a San Pietro dal Papa.
A un’ora dallo scoppio il Ministero dell’Aeronautica fa alzare in volo i propri aerei per fotografare dall’alto la fabbrica esplosa. Sono immagini riservatissime che vengono subito inviate alla Segreteria Particolare del Duce. L’intera area viene evacuata per timore di ulteriori scoppi. Nelle cittadine vicino vengono allertati gli ospedali per accogliere i feriti.
Mussolini parte in direzione dell’impianto della BPD. Esistono delle fotografie che lo ritraggono mentre cammina a poca distanza dagli edifici industriali. Claretta Petacci nei suoi diari riporta il racconto che le fa a sera il Duce: “Sono stato là, è uno spettacolo penoso (…) Una gamba amputata gettata in un cesto e avvolta con degli stracci. Veramente uno spettacolo impressionante. Non l’avevo mai veduto, e non è a dire che io sia nuovo a spettacoli del genere…”
Mussolini incontra l’ingegner Leopoldo Parodi Delfino. Riportano le cronache che offra a quest’ultimo tutto l’aiuto possibile per rimettere subito in piedi la produzione di tritolo. Leopoldo Parodi-Delfino rifiuta l’offerta di soldi da parte del Governo. E si attiva fin da subito per rimettere in piedi la produzione e aiutare le famiglie dei morti e dei feriti.
Ma chi era questo industriale – un ingegnere - venuto dal nord a impiantare una fabbrica di esplosivi nell’allora “Colleferro di Roma”? E qual era il suo rapporto con il Regime Fascista?
Alla fine, si conteranno 60 morti e all’incirca 1500 feriti. Notevoli i danni causati alle abitazioni a ridosso della fabbrica. Il paese viene quasi interamente sfollato per la paura di atri scoppi.
Il documentario ricostruisce puntigliosamente l’intera vicenda attraverso documenti inediti, fotografie e memoria orale. Con il contributo di interviste a esperti del settore: professori di storia, di chimica, nonché di storia della medicina del lavoro. La sceneggiatura è frutto di un lavoro certosino su documenti e fotografie scovati in archivi italiani ed esteri. Con la preziosa collaborazione di chi a Colleferro si occupa da anni di ricostruzione della storia del proprio territorio.
L’accesso alla gallery è riservato ai sostenitori del progetto.
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