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Tratto dall’omonimo libro “Ciao, Caterina. Lettera sulla soglia” di Tiziana Iaquinta
Un evento sconvolgente, improvviso e definitivo stravolge la vita di una famiglia che, al di fuori dai comuni luoghi del quieto procedere, conduceva quella che per loro era la scelta di vita. Una figlia, Caterina come fulcro di una nuova ed entusiasmante felicità. Una donna che aveva “cambiato la sua esistenza” nell’incontro con quello che sarebbe diventato prima il compagno “di una vita” e poi il padre della loro amata figlia. E poi lui, il catalizzatore degli eventi, colui che al di fuori degli schemi aveva imparato ad amare, non senza fatica, ciò che aveva ritenuto da lui distante per molti anni. Una vita vissuta con consapevole e costante libertà. Poi, all’improvviso tutto quello che era stato costruito si rompe, alla vigilia di un giorno di rinascita, l’enorme, instancabile cuore di lui sussulta e tra lo stupore e il dolore di chi lo ama, davvero, si ferma. Da questo tremendo, irreparabile sgarbo, nasce come da un torrente di emozioni che rompono un fragile argine, il testamento filosofico che Giuseppe, per mano di Tiziana, lascia alla figlia Caterina, con la quale il nuovo Giuseppe era “nato e poi cresciuto”.
Un libro incredibile, intenso, sconvolgente da cui nasce, non senza consapevoli timori, un monologo che utilizzando il linguaggio teatrale amplifica e fissa in immagini e canzoni le emozioni sgorgate da una penna lucida e poetica. Lo spettacolo unisce il linguaggio del teatro a quello della musica. La scena è scarna, le luci tagliano atmosfere dense. Il cuore prima di cessare il battito ha l’urgenza di comunicare amore. Di lasciare parole ed emozioni che possano bastare per tutta la vita di chi, suo malgrado, resta. Di chi dovrà crescere senza la presenza fisica di colui che con ogni gesto e pensiero nutriva d’amore le ore.
Lo spettacolo teatrale si propone l’obiettivo di una riflessione su un tema, la morte, che rimane oggi forse l’unico tabù e sui modi educativi per affrontarla. Attraverso lo spettacolo, tutt’altro che triste o difficile, lo spettatore (e lo studente soprattutto) è portato, in modo naturale, a riflettere sulla nascita di tutte le cose ma anche sulla loro fine. Una sostituzione dell’ottica dell’infinito, che non appartiene alle cose e alle vicende terrene, con l’ottica del finito. E’ di fronte al finito che ogni essere umano forma e misura la propria resilienza.
Lo spettacolo pur avendo come tema la perdita fisica di una persona cara, un genitore nello specifico, è utile per stimolare la riflessione su tutte le altre “perdite” o “abbandoni” che possono intervenire in qualsiasi momento nella vita della persona: perdita del lavoro, separazioni, abbandoni, ecc. stimolando la voglia di continuare a costruire, con maggiore forza e impegno, ad essere progettuali nella propria esistenza ripensando alla luce di un accadimento che si sostanzia nel prendersi cura di sé e continuare a procedere lungo il proprio corso.
Per docenti e educatori rappresenta inoltre l’occasione per una riflessione delicata e fondamentale su tematiche spesso affrontate con pudore e difficoltà ma fondamentali nel processo formativo dei giovani che oggi più che mai sembrano non saper reagire di fronte alle difficoltà dell’esistere.
Lo spettacolo ha debuttato a Cosenza nell’Ottobre 2014 al Teatro Dell’Acquario e successivamente è stato rappresentato in Calabria e Sicilia sia in serale che per gli studenti di superiori e università. L’obbiettivo è quello di rappresentare lo spettacolo a Roma e in Toscana. Tramite la raccolta fondi si organizzeranno rappresentazioni dello spettacolo a Roma presso il Teatro della Visitazione e a Borgo San Lorenzo e Vicchio di Mugello in Toscana in collaborazione con Ass.ni culturali e di volontariato locali. Questo per dare la possibilità a studenti e non di assistere ad uno spettacolo che per le tematiche e la forza comunicativa rappresenta una vera e propria esperienza catartica per chi vi assiste.
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